Doctor Faustus: IX e ultima parte

Il passato è tollerabile solo quando ci si sente superiori ad esso.

Pubblico oggi la IX e ultima puntata del Doctor Faustus, ci inabissiamo nei meandri malati della mente di Adrian Leverkühn, e le notizie non sono buone…(potreste piangere)… Serenus ormai è invecchiato insieme alla fedele moglie Helene, amareggiato dalle sorti della Germania, dalla sconfitta della guerra, dall’imbarbarimento a cui è costretto ad assistere, tutto quello di buono e utile in cui aveva creduto, è stato distrutto: “L’inevitabile riconoscimento della perdizione non equivale a rinnegare l’amore. Io tedesco modesto ed erudito, ho amato molte qualità tedesche, anzi la mia vita insignificante ma capace di affetto e di dedizione fu consacrata all’amore spesso combattuto, sempre ansioso, ma eternamente fedele a un uomo insigne e artista tedesco…[1] E così Serenus Zeitblom preferisce tornare indietro nel tempo, siamo intorno al 1926, Adrian è quasi sempre malato, non riesce nemmeno a partecipare alla rappresentazione della sua opera più significativa a Francoforte, Apocalipsis cum figuris. Soffre spesso di mal di denti, denti che per mancanza di soldi non riesce a curare. Dopo la morte del padre, osservatore attento della natura, Adrian si mette a comporre musica da camera, il Quartetto d’Archi, il Trio per violino, viola e violoncello, e la Lamentatio Doctoris Fausti. L’apparente monotonia dei suoi giorni nella campagna bavarese viene spezzata da una novità, la visita del nipote Nepomuk, figlio della sorella Ursula che gravata da frequenti polmoniti, chiede al fratello Adrian di occuparsi per un periodo del bambino, che ha avuto il morbillo e ha bisogno di un periodo di riposo. Nepo è un bambino delizioso, educato, che conquista subito tutti gli abitanti di Pfeiffering e zone limitrofe, persino l’algido Adrian che lo chiama Echo, per quella sua voce cristallina che anima la casa. Serenus gli regala un carillon che diventa uno dei suoi giocattoli preferiti, Nepo aka Echo ascolta in ammirato silenzio lo zio al piano mentre lavora ai canti di Ariel nella Tempesta di Shakespeare, vuole sapere quanti anni ha il folletto magico imprigionato per dodici anni, ed Adrian gli risponde che non ha età, e Nepo da allora vuole sempre leggere storie di fate e folletti. La sera Adrian non gli fa mai mancare il saluto della buona notte, il bambino recita dei salmi mai sentiti prima, le sue preghiere hanno un’originalità insolita: “Splende il sole anche al demonio, ed è puro tuttavia, possa anch’io restare puro finché scocca l’ora mia. Così sia.”[2] Nessuno sa chi gli abbia insegnato quelle preghiere, Adrian non vuole nemmeno saperlo a dire il vero, è colpito dalla costanza con cui il bambino recita ogni sera quei salmi serali fuori dal comune. Dopo quasi due mesi e mezzo, Echo si ammala, febbre, nausea, chiede a tutti saggiamente di “parlare piano”, viene chiamato il dottor Kürbiss e la diagnosi non lascia speranza: meningite cerebrospinale. Viene convocato un altro professore ben più preparato del dottor Kürbiss, che conferma la diagnosi, corregge le cure, al posto della morfina, la codeina, ma nessun rimedio efficace. Il bambino morirà dopo settimane di agonia, Adrian dopo la scomparsa prematura del nipote preferito chiude ogni contatto con l’esterno, le uniche persone ammesse sono il traduttore Rüdiger, Jeannette Scheurl, la musicologa con cui ripassa opere del Seicento, e Serenus durante i week-end, che viene ignorato praticamente tutto il giorno, perché non vuole essere disturbato quando studia, tranne qualche minuto di dialogo in cui si concede al fedele amico. Serenus nota come nelle sue composizioni Adrian abbia inserito l’eco come ripercussione del suono umano, probabilmente in ricordo del nipote, un’assenza malinconica presente e mai dimenticata. Nella Lamentatio è colpito da quel senso di speranza persino nella dannazione, il miracolo che va oltre la fede, che diventa trascendenza pura. Adrian decide di confessare le sue pene ai suoi amici e conoscenti, li invita tutti a Pfeiffering e una volta riuniti nella sala, ammette la sua colpa, confida di aver fatto un patto con il diavolo, che gli ha concesso 24 anni di vita per comporre opere degne di fama, l’iniziazione è stata più facile di quanto si creda, basta solamente un atto nella direzione sbagliata, il contatto prima non voluto e poi cercato con l’Hetaera Esmeralda, e per lui l’impossibilità di avere accanto a sé un affetto vero. Parla del nipote come di un figlio che i demoni gli hanno tolto. L’unica coppia con la macchina, appena lo sente parlare, abbandona sala e ospiti al loro destino, gli altri ascoltano costernati e scioccati, tranne un poeta, Daniel Zur Höhe, l’unico a trovare la storia “sublime”…Serenus vorrebbe quasi proteggerlo dagli sguardi intrusivi di occhi indagatori, ma Adrian è un fiume in piena e dopo un accenno della sua ultima opera al piano, si sente male. Viene ricoverato alla clinica neurologica di Monaco per tre mesi, durante tutto questo periodo Serenus è combattuto se rivelare o meno alla madre di Adrian quanto accaduto, ma una volta dimesso, sente che non può più nascondere la verità. La signora Elsbeth si viene a prendere il figlio, un bambino vecchio, e lo trascina a casa, in quel tentativo maldestro di ridare vita a un’infanzia adulta persa nella follia. Per Serenus sarà troppo doloroso vedere il suo amico pieno di talento, ridotto a un perenne delirio, andrà a trovarlo solamente altre due volte, a distanza di molti anni, nel 1935 e nel 1939. Nel 1940 gli arriva la notizia che Adrian Leverkühn è morto. Al funerale i suoi fedeli amici, Rüdiger, Jeannette Scheurl, Serenus, Kunigunde Rosenstiel, Meta Nackedey, e una donna velata, irriconoscibile, che scompare non appena coprono la bara con zolle di terra. Cominciano a traballare anche i presunti trionfi della Germania, Serenus ritorna al presente dolente: “oggi, avvinghiata dai suoi demoni, precipita di disperazione in disperazione. Quando toccherà il fondo degli abissi?…Dio sia clemente alle vostre povere anime, o amico, o patria!”[3] E preghiera sia.

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Altre letture

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[1] DF, p. 530.

[2] Ibidem, p. 552.

[3] Ibidem, p. 593.

3 pensieri su “Doctor Faustus: IX e ultima parte

    1. Grazie a te…beh è un po’ triste per questo non l’ho pubblicata il lunedì, proprio per non iniziare la settimana con il magone…la prossima sarà diversa, non ho ancora deciso, vedremo cosa mi ispirerà l’inizio di questa estate…a presto 🙂

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